Un alleato nella lotta alla Varroa e contro la mosca olearia

Oggi vi presento un pianta spontanea che si sta rivelando molto utile per l’olivicoltura e apicoltura, che forse avete già visto di sfuggita in qualche fosso a bordo strada o in campagna.

Questo arbusto perenne, chiamato Inula viscosa o Enula bacicci ha origine nella macchia Mediterranea e può facilmente raggiungere gli 80 cm di altezza. E’ caratterizzato da piccoli fiori gialli e grazie alla sua grande capacità infestante è oramai presente in molte campagne incolte d’Italia e d’Europa. E’ una pianta sempreverde appartenente alla famiglia delle Asteraceae. L’impollinazione è entomogama, ciò significa che è una pianta gradita agli insetti impollinatori. E’ una pianta poco esigente e riesce a sopravvivere in condizioni estreme come terreni poveri, siccitosi, calcarei, argillosi, pietrosi e soprattutto incolti e abbandonati, per questo è una pianta facile da coltivare se volete. Il fusto è circondato dalle foglie ruvide e germogli vischiosi che emanano uno sgradevole odore resinoso che tiene lontani gli animali erbivori e molti insetti nocivi.

L’odore pungente che viene prodotto dallo sfregamento delle foglie, degli steli e dai boccioli sembra creare disorientamento nelle varroe. Infatti da alcune sperimentazioni fatte dal biotecnologo Dr. Domenico Prisa,  risulterebbe che semplicemente posizionando un numero cospicuo di rametti di questa pianta sotto il coprifavo abbia un effetto di caduta varroa pari al famoso api-bioxal della durata di 4 giorni, ovviamente il periodo è breve ma non presenta alcun effetto nocivo per le nostre api, al contrario degli effetti corrosivi che provoca l’api-bioxal. Se vi interessa potete vedere direttamente sul Suo sito (al seguente link) il metodo di trattamento e la sperimentazione.

Al momento personalmente non ho ancora provato, ma sto dedicando il mio tempo alla coltivazione di questa pianta dalle notevoli proprietà officinali e antiparassitarie (dimostrate nei link a fine pagina) utilizzate soprattutto in passato lasciate poi in disparte a causa della medicina convenzionale (venne utilizzata nella medicina popolare essenzialmente per curare i disturbi del fegato, come analgesico, antinfiammatorio, antipiretico, antielmintico e antifungino.

Possiamo piantarla o seminarla attorno al nostro apiario per aumentare la biodiversità visto la grande capacità attrattiva di questa pianta nei confronti dell’entomofauna. Sembra ormai provato infatti che sia luogo di riparo anche per l’Eupelmus urozonus, un parassitoide polifago degli Imenotteri Calcidoidi che svolge 2-3 generazioni all’anno sulla mosca delle olive. L’Eupelmus è il più attivo antagonista naturale della mosca delle olive.

Per concludere questa pianta contribuisce alla produzione nella tarda estate e in autunno di miele millefiori e, in zone di forte diffusione, miele monoflora anche se poco apprezzato dal mercato sia per il sapore sia per la cristallizzazione irregolare, ma comunque ottimo il periodo di fioritura per assicurare le scorte di invernamento per le nostre api. L’unica attenzione da fare è se avete piante di corbezzolo, poiché le api potrebbero bottinare entrambe le piante nello stesso periodo e ”inquinare”, per così dire, il pregiato miele di corbezzolo con nettare e polline di Inula.

L’Inula viscosa è conosciuta con svariati nomi a seconda della sua posizione geografica: Enula cepittoni vischiosa, Enula bacicci, Cupularia viscosa, Dittrichia viscosa, Ceppica, Ceppula, Prucara, Pruteca, Ceppita, Ceppitone, Cespita, Erba puzza, Erba vischio, Melacciola, Melajola, Melangola, Scepita, Tignamica, Erba della Madonna, Erba di Ciucci, Mastirascia, Paparacchio, Pruteca, Putica, Erba da Pruxe, Gnasca, Nasca, Pulegara. Sarzana, Scarafazzen, Cote de volpe, Piscia pantone, Bistorno, Arangella, Arzunella, Canta Canta, Crizza, Erba per i tagli, Pulicara, Brucara, Erva di maisi, Prucarà, Pulicara majuri, Pulicaria, Vulcara, Pulicarra, Frissa, Frisa, Frisia, Erba da Mosca, Brucara, Erva mais

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3600 Alveari di api ridotti in cenere per un parassita, siamo proprio in Italia…

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E’ passato qualche giorno dal convegno dell’11 Dicembre 2014, questa la decisione del ministero della Salute:

”Visti i risultati positivi, si proseguirà con i roghi fino a primavera 2015”

Questo nonostante molti apicoltori calabresi abbiano già fatto un ricorso al TAR (vedi qui il ricorso)

Sono stati ridotti in cenere 60 apiari, proprietari aziende hobbistiche e professionali con un totale di circa 3600 alveari. Un danno economico che supera 1 milione e mezzo di euro, e che il prossimo anno si rifletterà sull’agricoltura e la mancata impollinazione dei frutteti, in particolare agrumeti.

I roghi che come già detto includono arnie di polistirolo e plastica ( e quindi c’è anche un inquinamento ambientale, senza contare l’uso di pesticidi antilarvali nel terreno in seguito) sono inutili poiché al momento del rogo stesso una buona parte delle api, essendo insetti volanti come questo parassita (ricordo che si chiama Aethina Tumida, o piccolo coleottero degli alveari o Small Hive Beetle) non appena il fuoco spacca le arnie, entrambi si danno alla fuga, come si vede chiaramente nella foto in alto.

Inoltre laddove si sono posizionati sciami esca, in aree in cui si sono sterminati presumibilmente tutti gli alveari, questi si sono velocemente re-infestati. Questo conferma che il coleottero prolifera altrove… quindi qual’è lo scopo di questa azione? Quali sono i risultati positivi?

aaaaComunque nel frattempo abbiamo preso contatto con alcuni apicoltori stranieri, che convivono con questo parassita da anni e ci hanno confermato che questo vive anche su frutta e verdura in decomposizione, ma soprattutto ci hanno specificato che lo hanno ritrovato su cocomeri, meloni e pomodori e nelle loro compostiere. Inoltre ci hanno spiegato il loro metodi per contrastarlo e monitorarlo, oltre i farmaci si intende, questi metodi si possono facilmente combinare tra loro. Ad esempio ridurre l’ingresso delle arnie inserendo un tubo in PVC a ”L” rivolto verso il basso, confonde il parassita; oppure trappole a imbuto riciclando bottiglie di plastica e inserendo all’interno miele fermentato poste nelle vicinanze dell’apiario, queste vengono usate anche da monitoraggio, come qui in italia viene usato il foglio polionda direttamente nelle arnie. (questi sono solo alcuni dei metodi, a fine articolo trovate tutti i link alle pagine e man mano che mi verranno indicati ne aggiungerò altri nei giorni seguenti, quindi se interessati ripassate)TWVeuKK

Però per gli stranieri il parassita AT (Aethina Tumida) non risulta essere un grosso problema, non di certo come la Varroa destructor. Questo perchè a differenza di essa il piccolo coleottero degli alveari è appunto un parassita dell’alveare e non un parassita dell’ape come la Varroa che di conseguenza trasmette anche virosi che causano notevoli danni.

Passiamo al decreto della polizia veterinaria. (che quest’anno compie 60 anni!)

Nel DPR dell 8 febbraio 1954  l’Aethina tumida viene inserita nel decreto legge con provvedimenti che la paragonano ad altre malattie. Oggi quindi invece di rivalutare la questione, progettare nuove strategie e modificare il decreto, si è scelto di seguire il decisione errata che il parassita in questione è paragonabile alla peste americana.

La peste americana, è una malattia della covata delle api causata dal bacillo Paenibacillus larvae. È una delle malattie più gravi in apicoltura tanto che l’unica pratica di cura considerata sicura è l’incenerimento delle api con tutto il materiale che conteneva la famiglia. Non costituisce alcun pericolo per la salute umana. (clicca qui per approfondire)

Quindi come capirete da voi stessi stanno paragonando un batterio sporigeno (p.a.) con un insetto parassita (At), il chè non è nemmeno lontanamente pensabile. Perchè non si ritiene il caso di contattare un laureato in entomologia?

Aggiungo che l’Articolo 155 recita testualmente:

”A complemento dei provvedimenti indicati nel precedente articolo, nei casi di peste
europea o americana può essere ordinata la distruzione delle famiglie delle arnie infette.
Le api così uccise nonché i favi ed i bugni villici che hanno contenuto covate o resti di
larve devono essere bruciati, i favi privi di covata fusi, le arnie e gli attrezzi disinfettati.
Il terreno circostante deve essere vangato o disinfettato.
Se la malattia è allo stadio iniziale possono essere consentiti opportuni trattamenti
curativi. L’apiario trattato deve essere tenuto in osservazione e sottoposto ad esami di
controllo sino a risanamento accertato.”

Dunque parla di bruciare i favi, “i bugni villici” et cetra et cetra, non le arnie che vanno disinfettate (come recita testualmente il decreto).

Se si disinfettano quelle colpite da peste americana e simili, immaginarsi quelle infestate da uova di insetti molto più facili da debellare come appunto Aethina Tumida che è un insetto come l’ape mellifera.
Se qualcuno può aiutarci a fermare questo illecito inquinamento ambientale, la strage di un insetto utile protetto in via di estinzione (cioè l’ape mellifera), e a salvare le aziende italiane è ora che queste persone si facciano avanti.
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Metodi stranieri per contrastare SHB    01    02    03    04    05    06    07
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