657 alveari abbattuti in provincia di Reggio Calabria

Primo_Incendio

 Scrivo questo post perché come sempre in televisione l’informazione viene filtrata o compromessa, quindi spesso molti non sanno ciò che sta accadendo nemmeno se si trova vicino al problema.

Sono 657 il numero di alveari abbattuti in provincia di Reggio Calabria, un numero che fa preoccupare gli apicoltori di ogni regione, pensare che sono solo 18 tra questi gli alveari trovati infetti da Aethina Tumida, il nuovo coleottero parassita entrato in nel nostro Paese solo un mese fa.

La soluzione politica è la seguente: se viene trovato un solo esemplare di Aethina Tumida all’interno di un arnia, al povero malcapitato apicoltore viene soppresso l’intero apiario, cioè tutte le arnie presenti su quel terreno.

In breve, le api vengono uccise con l’anidride solforosa, poi le arnie vengono bruciate e in seguito nel raggio di 40 metri il terreno viene arato e trattato con pesticidi anti-larvali.

Una scelta a dir poco esagerata, ma il problema principale come sempre è il lato economico. L’Unione Europea minaccia di chiudere l’export dei prodotti italiani tra i quali attrezzatura apistica e prodotti alimentari (miele, frutta e verdura e derivati) nonché prodotti di falegnameria, questo perché l’Aethina può impuparsi all’interno di essi oltre che nel terreno.

Allora perché distruggiamo solo gli alveari?

L’intero patrimonio apistico italiano è in pericolo, ma non per Aethina Tumida, come sempre la causa principale è l’uomo.

Possiamo fare qualcosa?

Potremmo non distruggere il patrimonio apistico italiano, ma difenderlo!

Bisogna ragionare e  capire il ciclo biologico di questo insetto parassita.

Si è scoperto che questi coleotteri, sentendo gli odori del miele emanati dagli alveari ed entrano dalla porticina d’ingresso al calar del sole.

Una volta dentro il coleottero, presumibilmente già fecondo depone le sue uova che si schiudono in pochi giorni.

Alla nascita le larve corrono nei favi saziandosi con tutto ciò che trovano e defecando nel miele causandone la fermentazione.

Raggiunta la giusta dimensione, le larve escono e si lanciano nel terreno sottostante gli alveari per impuparsi e trasformarsi in crisalide, dopodiché sfarfalleranno completando il ciclo biologico.

La maggior parte delle trappole in commercio serve solo a stimare se l’arnia è positiva all’infezione, ma non debellano il parassita.
Il mio suggerimento è di spezzare il ciclo biologico allo stadio larvale, portando gli alveari in una posizione dove non ci sia terreno, ad esempio su terrazzi o parcheggi (favorendo l’apicoltura urbana) oppure posizionando a terra, sotto la porticina d’ingresso dell’arnia un secchio o un contenitore con un olio in modo da intrappolare le larve in caduta.

In alternativa bisognerebbe usare dei repellenti naturali come l’olio di Neem o trappole con feromoni.

Il problema ci riguarderà tutti molto presto.

Emergenza! 657 alveari abbattuti in provincia di Reggio Calabria

Primo_Incendio

 Scrivo questo post perché come sempre in televisione l’informazione viene filtrata o compromessa, quindi spesso molti non sanno ciò che sta accadendo nemmeno se si trova vicino al problema.

Sono 657 il numero di alveari abbattuti in provincia di Reggio Calabria, un numero che fa preoccupare gli apicoltori di ogni regione, pensare che sono solo 18 tra questi gli alveari trovati infetti da Aethina Tumida, il nuovo coleottero parassita entrato in nel nostro Paese solo un mese fa.

La soluzione politica è la seguente: se viene trovato un solo esemplare di Aethina Tumida all’interno di un arnia, al povero malcapitato apicoltore viene soppresso l’intero apiario, cioè tutte le arnie presenti su quel terreno.

In breve, le api vengono uccise con l’anidride solforosa, poi le arnie vengono bruciate e in seguito nel raggio di 40 metri il terreno viene arato e trattato con pesticidi anti-larvali.

Una scelta a dir poco esagerata, ma il problema principale come sempre è il lato economico. L’Unione Europea minaccia di chiudere l’export dei prodotti italiani tra i quali attrezzatura apistica e prodotti alimentari (miele, frutta e verdura e derivati) nonché prodotti di falegnameria, questo perché l’Aethina può impuparsi all’interno di essi oltre che nel terreno.

Allora perché distruggiamo solo gli alveari?

L’intero patrimonio apistico italiano è in pericolo, ma non per Aethina Tumida, come sempre la causa principale è l’uomo.

Possiamo fare qualcosa?

Potremmo non distruggere il patrimonio apistico italiano, ma difenderlo!

Bisogna ragionare e capire il ciclo biologico di questo insetto parassita.

Si è scoperto che questi coleotteri, sentendo gli odori del miele emanati dagli alveari ed entrano dalla porticina d’ingresso al calar del sole.

Una volta dentro il coleottero, presumibilmente già fecondo depone le sue uova che si schiudono in pochi giorni.

Alla nascita le larve corrono nei favi saziandosi con tutto ciò che trovano e defecando nel miele causandone la fermentazione.

Raggiunta la giusta dimensione, le larve escono e si lanciano nel terreno sottostante gli alveari per impuparsi e trasformarsi in crisalide, dopodiché sfarfalleranno completando il ciclo biologico.

La maggior parte delle trappole in commercio serve solo a stimare se l’arnia è positiva all’infezione, ma non debellano il parassita.
Il mio suggerimento è di spezzare il ciclo biologico allo stadio larvale, portando gli alveari in una posizione dove non ci sia terreno, ad esempio su terrazzi o parcheggi (favorendo l’apicoltura urbana) oppure posizionando a terra, sotto la porticina d’ingresso dell’arnia un secchio o un contenitore con un olio in modo da intrappolare le larve in caduta.

In alternativa bisognerebbe usare dei repellenti naturali come l’olio di Neem o trappole con feromoni.

Il problema ci riguarderà tutti molto presto.